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Charas: cos’è l’hashish indiano e come viene prodotto

Pubblicato Da: Veronica / Pubblicato Il: 06 ago, 2019

Charas: cos’è l’hashish indiano e come viene prodotto

La charas è una tipologia di hashish oggi particolarmente apprezzata in virtù dell’altissima concentrazione di THC che la caratterizza. Prodotta raccogliendo la resina presente sulle infiorescenze di cannabis mediante strofinio delle mani, viene poi rimossa raschiando la pelle con una lama e successivamente compresa in palline o panetti. Tipica delle zone dell'Himalaya quali India, Afghanistan, Pakistan e Nepal, si distingue dal tradizionale hashish marocchino unicamente per il metodo di lavorazione impiegato: la charas infatti viene ricavata dalle infiorescenze fresche presenti su piante ancora vive, mentre nel caso dell’hashish prodotto comunemente in Marocco, l’estrazione avviene mediante la percussione delle infiorescenze essiccate, ricavate quindi da piante di cannabis ormai morte.

Amatissima soprattutto dagli intenditori, la charas si fa apprezzare soprattutto per gli spiccati effetti psicoattivi dati da una concentrazione di THC, nettamente superiore rispetto all’hashish tradizionale o kief, in grado di rendere tale prodotto, ancora più efficace e inebriante, tanto da essere impiegato, nel corso dei secoli, anche per favorire la meditazione e il rilassamento.

Cos’è la Charas

La charas è sicuramente la forma di concentrato di cannabis più arcaica nonché il metodo più semplice ed efficace volto alla raccolta di resina fresca dalle piante selvatiche di marijuana, in fase di fioritura: tale tecnica ad oggi, raramente viene applicata nei Paesi produttori di hashish, ma resta tuttavia il solo procedimento ancora in uso alle pendici dell’Himalaya nelle zone del Bhutan, del Nepal e nel nord dell’india, dove il clima tipicamente tropicale di tale regione e l’umidità decisamente significativa, impediscono la classica setacciatura a secco.

Il prodotto che si ottiene dalla lavorazione manuale della resina è apparentemente simile all’hashish ma si differenzia dallo stesso, principalmente per il colore particolarmente scuro, quasi nero e traslucido, e dalla caratteristica malleabilità: non è infatti necessario scaldarlo per poterlo miscelare al tabacco prima dell’utilizzo, ma semplicemente sbriciolarlo con le dita.

In India le proprietà medicinali e gli effetti psicoattivi tipici della cannabis e della sua resina sono noti da migliaia di anni, tanto da rendere tale pianta, particolarmente sfruttata nella religione induista, dove, per i seguaci di Shiva è ritenuta sacra. Gli stessi monaci ascetici chiamati Sadhu, i quali emigrano verso i caratteristici luoghi sacri presenti in India e Nepal, vivendo prevalentemente in grotte, foreste e templi, praticando yoga, meditazione e contemplazione, utilizzano proprio la charas ritenendola una forma di comunione con Shiva.

Essi infatti credono che sia stata proprio la divinità Shiva a piantare il primo seme di cannabis sull’Himalaya: la tradizione impone che assumano una sorta di intruglio preparato con spezie, infiorescenze di cannabis e acqua denominato Bhang, combinandolo con la charas mista a tabacco da fumare mediante un cilum, intonando i molteplici nomi di Shiva attraverso un vero e proprio rituale volto a raggiungere un livello superiore sia di coscienza che di esistenza.

Dove e come viene prodotta la charas

Dove e come viene prodotta la charas

I moderni cultori della charas ritengono che la sua “Mecca” possa essere identificata con i territori del nord dell’India, in particolare nello stato dell’Himachal Pradesh, nella Valle di Parvati e nel Kashmiran anche se tuttavia risulta particolarmente diffusa anche in Pakistan, in Nepal e in Afganistan: proprio in queste zone, la cannabis è da sempre cresciuta prevalentemente in maniera spontanea, rendendosi nota soprattutto per le proprietà terapeutiche superiori, caratteristica comune a tutte le specie botaniche in grado di crescere ad altitudini tra i 2500 e 9 3600 metri.

Tale potenza può essere infatti messa in relazione alla selezione naturale delle varietà selvatiche, nelle inospitali condizioni tipiche della montagna dove i raggi ultravioletti, responsabili della trasformazione dei terpeni in cannabinoidi, risultano particolarmente intensi e diretti. La charas anticamente era ottenuta esclusivamente da cannabis selvatica, nota come “jungle”. Tale tradizione si mantenne fino alla fine degli anni ‘60 quando i primi hippie scoprirono queste valli.

Da allora i campi coltivati, detti baguija, aumentarono in maniera esponenziale, tanto da rendere la charas moderna, frutto di queste antiche coltivazioni intensive: la potenza così come i sapori e gli effetti prodotti dalla cannabis selvatica himalayana, sono da sempre ritenuti impareggiabili e la “jungle” rappresenta ancora oggi la preferita dai veri intenditori sia locali che occidentali, anche e soprattutto per la metodologia di produzione che consente di apprezzarne in toto le molteplici caratteristiche e sfumature.

Il principio con cui viene estratta la charas è piuttosto semplice: dalle piante di cannabis ancora vive, vengono rimosse le foglie secche, prese le infiorescenze in piena fioritura e strofinate tra le mani con movimenti delicati. Si procede poi rimuovendo dalle mani l’eventuale materia fogliare accumulata, per poi ricominciare lo strofinio fino a quando sul palmo delle mani, si accumula uno strato di resina piuttosto consistente.

A questo punto occorre procedere con la rimozione, che anticamente veniva effettuata girando il pollice e facendo pressione sulla materia resinosa della mano opposta, per poi rimuovere la resina dal pollice stesso, mettendola momentaneamente da parte, e replicando tale movimento fino alla completa pulizia della mano.


In alternativa c’è ancora chi compie tale operazione, semplicemente frizionando le mani tra loro, fino al completo distacco della resina, operazione spesso resa complicata dalla temperatura corporea che tende a rendere tale materia, inevitabilmente appiccicosa.

Oggi l’utilizzo di lame non affilate e di piccole spatole ha contribuito a semplificare notevolmente tale operazione, che si conclude formando piccole palline o panette da 10 -15 grammi, ottenuti compattando la resina attraverso semplici movimenti manuali. La tecnica impiegata per produrre la charas si è mantenuta a distanza di secoli, ancora estremamente elementare e sebbene sia nata per adattarsi alle condizioni climatiche, risultando leggermente “macchinosa” agli occhi degli occidentali, viene ancora considerata un abbondante dono di Shiva, destinato principalmente alle terre d’origine, difficile da reperire altrove. Rara e preziosa la charas offre uno sballo prettamente cerebrale, pulito e conscio, dando vita a un’esperienza, a detta di molti, assolutamente straordinaria.

Come si fuma la charas

Come si fuma la charas

Tradizionalmente, la charas viene fumata avvalendosi di un cilum, una particolare pipa realizzata in legno, argilla o talvolta materiali quali corna bovine. Grazie a tale strumento il fumo giunge direttamente in gola a temperature piuttosto elevate e proprio per questo motivo, popolazioni autoctone dell’India quali gli Agoris, i Tantric Bhairava e i Naga Sadhus tendono a coprirne l'estremità da cui viene aspirato il fumo, mediante un piccolo panno di lino o cotone, inserendo nel cilum, una pietra d’argilla a supplire un vero e proprio filtro. La charas in questo caso viene sbriciolata unitamente a piccole quantità di tabacco, esattamente come avviene nella preparazione di un classico joint.

In alternativa, se non si dispone di un cilum è possibile modellare una modica quantità di charas a forma di “salamino”, da adagiare semplicemente sul tabacco o sull’erba in purezza posta sulla cartina, per poi rollare il tutto come avviene per una classica canna. E se ancora non si predilige l’idea di “rollare”, ci si può comunque avvalere di bonghe perfettamente concepite per la vaporizzazione della charas.

Tuttavia è sempre opportuno considerare che, quando si sperimenta per la prima volta un derivato della cannabis ancora sconosciuto, è necessario procedere con cautela limitando i dosaggi per poi eventualmente incrementarli in un secondo momento: la charas, contiene altissime concentrazioni di THC e di altri cannabinoiodi, superiori rispetto a qualsiasi altro derivato dalla marijuana e alle stesse cime. Meglio dunque andarci sempre piuttosto cauti onde evitare spiacevoli effetti collaterali, godendo in questo modo di un’esperienza al contrario piacevole e rilassante.

Quali effetti ha la charas

La charas non è altro che un hashish di altissima qualità e in quanto tale, in linea generale ne provoca i medesimi effetti, solo notevolmente amplificati: tuttavia le sensazioni percepite, possono comunque variare da soggetto a soggetto, così come dalla stessa esperienza del fumatore. Esistono però due fattori che possono condizionare in maniera significativa tale esperienza, rendendola in questo modo più o meno piacevole: lo stato d’animo del fumatore, detto sete il setting, ovvero la compagnia con la quale si trova il soggetto unitamente al luogo e al contesto nel quale la charas viene assunta.

Tale derivato può generare effetti particolarmente potenti: in molti hanno descritto sensazioni eccessivamente forti al limite del pericoloso, accompagnate da percezioni psichedeliche. Dalla presenza di capogiri e difficoltà motorie agli sbalzi d’umore dati dall’improvvisa euforia mutata repentinamente in disforia, accompagnata da ansia, paranoia, terrore di sentirsi perseguitati da qualcuno o da qualcosa, preoccupazione, nervosismo, e totale incapacità di gestire il pianto come la risata.

Possono inoltre palesarsi manifestazioni di disartria, difficoltà cioè a controllare non solo il linguaggio verbale ma anche gli arti, così come vedere il proprio giudizio compromesso, ovvero perdere la capacità di prendere alcun tipo di decisione. Allo stesso modo non sorprendono dimostrazioni deliranti spesso accompagnate da allucinazioni così come da una parziale perdita di memoria e di razionalizzazione. Tra gli effetti secondari più comuni invece compaiono occhi rossi, un'irrefrenabile fame chimica, la lingua impastata e le palpebre pesanti.

Questo è quanto può potenzialmente avvenire a causa di un abuso di charas: ciò non toglie tuttavia, che se assunta con consapevolezza e criterio, determina una sensazione piacevole e rilassante, del tutto simile ad un vero e proprio viaggio onirico.

Dove trovare la charas ad Amsterdam

Dove trovare la charas ad Amsterdam

Ad Amsterdam i coffee shop non mancano di certo, e nella maggior parte dei casi offrono cannabis e derivati di altissima qualità, proveniente da ogni parte del mondo: la charas anche in questo caso non fa eccezione. Questa ricercatissima varietà di hashish, scura e particolarmente friabile compare in numerosi locali, a disposizione dei cultori del fumo che desiderano provare un’esperienza a di poco “mistica”.

Tra i coffee shop più cool di Amsterdam, posto nel quartiere De Pijp compare il Katsu, un locale dall’atmosfera accattivante e piacevole, che propone uno tra i charas migliori al mondo: il nepalese Royal Nepal, prodotto esattamente come secoli fa, in maniera totalmente artigianale.

Non mancano poi locali quali il famoso Tweede Kamer, situato nel cuore della città, che vanta un’ampia selezione di hashish e charas di ottima qualità, così come l’altrettanto apprezzato The Stud, e il Bagheera che, con i suoi oltre 30 anni di esperienza, mette a disposizione degli avventori, charas e hashish

Dove trovare la charas in India

Dove trovare la charas in India

La charas in India è particolarmente diffusa e ricercata: per anni turisti provenienti da tutto il mondo, così come soldati in congedo provenienti dall’intero territorio israeliano, hanno affollato la Valle di Parvati, nota proprio per la produzione di cannabis della migliore qualità. Nell’antico villaggio di Malana dove dimorano solo 5000 abitanti, la charas prodotta ha addirittura vinto due premi internazionali ad Amsterdam: tuttavia già da qualche hanno, il “parlamento” del villaggio ha dato un vero e proprio stop al cosiddetto “turismo del fumo”, poiché secondo le tradizioni religiose locali, a stabilirlo sarebbe stato il dio Jamlu.

Tuttavia ad oggi, pur essendo ancora considerata illegale anche in India, la marijuana continua ad essere tranquillamente coltivata e l’alta qualità così come il prezzo conveniente hanno contribuito a portare benessere nell’intera zona. La soluzione resta dunque una sola: inerpicarsi lungo le tipiche pendenze himalayane, scovare una coltivazione di cannabis e produrre in pochi istanti la cosiddetta “cream”, una charas di primissima qualità, preparata sul momento e tutta da gustare!

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Pubblicato Da: Veronica
Pubblicato Il: 06 ago, 2019

 SEO Copywriter e Social Media Strategist, credo da sempre nel potere delle parole e della scrittura persuasiva, entrambi strumenti imprescindibili per una strategia efficace e di valore.

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