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Fame chimica: cos’è, perché insorge, come gestirla

Pubblicato Da: Veronica / Pubblicato Il: 12 ott, 2022

La fame chimica, provocata dall’utilizzo di cannabis o hashish, porta inevitabilmente ad assumere quantità di cibo. Cerchiamo di comprendere di che si tratta e come gestirla in maniera efficace

Avrete sicuramente sentito parlare di “fame chimica”, termine che indica un impulso tanto irrefrenabile quanto incontrollato legato all’utilizzo di cannabis e che tende a provocare nel soggetto un sensibile incremento dell’appetito dopo aver fumato, anche se di fatto si ha lo stomaco pieno. Si tratta di una condizione piuttosto usuale tra i consumatori assidui di cannabis che comporta una vera e propria alterazione di quella che è la normale percezione di sazietà, resa peraltro ancor più nota dall’omonimo film del 2004, diretto da Paolo Vari e Antonio Bocola.

La fame chimica, provocata dall’utilizzo di cannabis o hashish, porta inevitabilmente ad assumere quantità di cibo nella maggior parte dei casi eccessive, tanto da suscitare dubbi e perplessità anche e soprattutto in merito al controllo del peso: la fame chimica fa ingrassare? Quando insorge? Come combatterla o quantomeno arginarla? Cerchiamo di comprendere di che si tratta e come gestirla in maniera efficace.

Cos’è la fame chimica e perché fumare cannabis fa diventare affamati

Coloro che almeno una volta nella vita hanno assunto droghe leggere quali cannabis o hashish conoscono bene cosa significa fame chimica, detta anche chemical hungry o più familiarmente munchies effect, e quali effetti ne rappresentano le dirette conseguenze. Si tratta infatti di una condizione improvvisa che tende a verificarsi in maniera del tutto naturale dopo aver fumato e che comporta un’alterazione della percezione del senso di fame e di conseguenza di sazietà, stimolando di conseguenza l’impellente necessità di assumere cibo prevalentemente sostanzioso e ricco di calorie, sintomatologia che tende a comparire di norma dai 30 minuti alle 2 ore successive all’assunzione, placandosi solo dopo l’assunzione di una quantità di nutrimento puramente soggettivo e ritenuto sufficiente dall’organismo stesso.

Sono oltre diecimila gli studi scientifici effettuati nel corso degli ultimi anni che hanno ampiamente dimostrato come la cannabis influisce sull'appetito, e se di fatto si ha a che fare con un fenomeno prettamente neurologico e per molti aspetti ancora poco chiaro, per comprendere a fondo cos’è la fame chimica, occorre capirne innanzitutto le cause e i sintomi.

A provocare la fame chimica è il THC cioè il principio attivo presente nella cannabis che, “ingannerebbe” letteralmente il cervello alterando la percezione del senso di fame anche attraverso l’olfatto: questo avverrebbe poiché i cannabinoidi, secondo un gruppo di ricercatori della Yale School of Medicine di New Haven nel Connecticut, stimolerebbero i neuroni normalmente deputati a sopprimere l’appetito, tuttavia in maniera opposta. 

Uno studio americano ha individuato i legami tra consumo di marijuana e appetito: pubblicato anche su “Nature”, offre un’ampia spiegazione sugli effetti della fame chimica in termini propriamente scientifici analizzandone quelle che ne sono le dinamiche: i neuroni deputati alla sintesi del proormone pro-opiomelancortina o POMC, stimolati dai cannabinoidi presenti naturalmente nella cannabis, susciterebbero nel soggetto proprio l’appetito benché volti invece ad assicurare all’organismo un comune senso di sazietà al termine del pasto. In sintesi il sistema cerebrale che controlla l’alimentazione risulta ingannato dall’azione del THC secondo quanto sostenuto anche dal coordinatore del gruppo di ricerca Tamas Horvarth.

Per portare a termine tale studio, il gruppo di ricercatori ha per questo provveduto ad analizzare in maniera capillare le dinamiche del funzionamento di due gruppi di neuroni ritenuti basilari all’interno dei processi alimentari: i recettori Cb1r o cannabinoid receptor type 1, responsabili del senso di fame se influenzati dall’assunzione di cannabinoidi e i pro-opiomelanocortina o POMC che, come anticipato precedentemente ed hanno invece il compito di inviare al cervello il segnale volto all’interruzione del pasto, provocando in questo modo il senso di sazietà: insieme determinando il cosiddetto sistema endocannabinoide.

Utilizzando topi geneticamente modificati, gli stessi ricercatori hanno provveduto a sollecitare i due gruppi di neuroni in maniera selettiva appurando inaspettatamente che l’attivazione dei recettori Cb1r comportava un aumento esponenziale dell’attività promossa dai recettori POMC: nonostante tale sollecitazione avrebbe al contrario dovuto determinare senso di sazietà, l’esperimento ha portato risultati del tutto sorprendenti che hanno visto gli stessi topi, alimentarsi voracemente nonostante lo stomaco pieno.

Ulteriori approfondimenti hanno dunque portato i ricercatori a un’unica conclusione: nel momento stesso in cui i neuroni POMC vengono attivati dai cannabinoidi, smettono di rilasciare i caratteristici ormoni anoresizzanti che determinano il senso di sazietà e che di norma placano la fame, mantenendo unicamente il neurotrasmettitore beta endorfina, responsabile del tipico senso di benessere generale.

Secondo uno studio italo-francese circa la fame chimica, effettuato dal Neurocentre Magendie di Bordeaux e coordinato da Giovanni Marsicano, esisterebbe inoltre un vero e proprio fattore olfattivo presente recettore Cb1r.

Tale recettore, presente anche nei neuroni del bulbo olfattivo, sezione del cervello deputata a ricevere gli stimoli provenienti dal naso, se sollecitata dal THC, amplificherebbe la sua normale attività provocando una crescente sensazione di appetito. Utilizzando ancora una volta due gruppi distinti di topi come cavie, solo ad alcuni durante l’esperimento è stato somministrato THC: si è osservato quindi come in questo caso gli stessi topi, sottoposti al principio attivo, presentassero una maggiore sensibilità olfattiva unitamente a un significativo aumento dell’appetito.

Tuttavia per avvalorare ulteriormente la rilevanza della molecola Cb1r, il gruppo di ricerca ha sottoposto successivamente al medesimo esperimento, anche un particolare ceppo di topi da laboratorio sui quali era stato precedentemente inibito il corretto funzionamento del bulbo olfattivo attraverso la modifica del Dna: in questo modo si è potuto constatare che, sebbene sotto l’effetto di THC, i topi privati dell’olfatto non avvertissero alcun senso di fame.

Fame chimica: dopo quanto tempo arriva, quanto dura e come gestirla

Di norma la fame chimica tende a manifestarsi in un arco temporale che può variare dai 30 minuti fino a circa 2 ore dall’assunzione, placandosi solo attraverso l’assunzione di cibo particolarmente nutriente. Tuttavia tale condizione è puramente soggettiva quanto indicativa poiché, nonostante siano davvero pochi gli studi scientifici a supporto, sono invece molteplici le variabili che possono condizionarne la comparsa.

La costituzione del soggetto gioca un ruolo importante ma risulta altrettanto determinante la tipologia di cannabis assunta: ogni specie contiene infatti una percentuale di THC variabile, spesso molto concentrata che può sicuramente acuire in maniera significativa il senso di fame.

Le stesse modalità di assunzione risultano cruciali sia sugli effetti che sull’entità della fame chimica. Per sprigionare un’alta percentuale di cannabinoidi, la cannabis richiede temperature che si aggirano intorno ai 170°C. La combustione necessita invece di temperature decisamente più alte, fattore che influisce negativamente sulla quantità di cannabinoidi realmente assunti attraverso uno spinello e che, secondo studi scientifici, non sarebbe mai superiore a una concentrazione del 25%.

Prendendo invece in esame la vaporizzazione, che richiede temperature di ebollizione pari a circa 157°C, è possibile concentrare il principio attivo fino al 46%, intensificando in questo modo anche gli effetti legati alla cannabis e di conseguenza alla fame chimica.

Viene da sé che la fame chimica provocata dall’assunzione di cannabis attraverso i cosiddetti edibles o preparati alimentari, risulterà decisamente meno impattante rispetto a una “classica canna”. Ancora di più se comparata addirittura all’assunzione mediante vaporizzazione.

Sapere dunque come resistere alla fame chimica, permette di arginarne gli effetti che tale condizione potrebbe provocare sull’organismo, a cominciare dal probabile aumento di peso dovuto all’ingestione di cibi calorici e prevalentemente dolci.

La prima soluzione da mettere in atto è sicuramente impostare un regime alimentare completo e soddisfacente legato ai principali pasti della giornata, comprendendo eventuali “snack spezzafame”: accingersi a fumare a stomaco pieno o comunque precedentemente appagati dal cibo, non consente di eliminare il problema della fame chimica alla radice, ma quantomeno ne riduce le conseguenze, portando ad ingerire una quantità di cibo comunque inferiore rispetto a quella che verrebbe assunta se lo stomaco fosse completamente vuoto.

Se al contrario la fame chimica permane anche dopo aver soddisfatto lo stomaco, è importante cercare di distogliere in qualche modo l’attenzione dal cibo, attraverso attività alternative in grado di occupare positivamente la mente. Una passeggiata, un giro in bici, una buona lettura o semplice attività fisica in palestra consentiranno di trarre tutti i benefici di un’attività ricreativa piacevole, riducendo la voglia di assumere cibo di cui l’organismo oggettivamente non ha bisogno.

L’ideale è sempre ricorrere al cosiddetto plot twist che consiste nello svolgere attività fisica prima di procedere all’assunzione di cannabis in modo da bruciare una quantità sufficiente di calorie che andrà a compensare quelle successivamente assunte a causa degli effetti della fame chimica.

Ancora una volta andare in palestra, praticare yoga, running, crossfit o comunque svolgere attività che permettano di accelerare il metabolismo, risultano ideali per controllare il peso evitando un incremento dei chili di troppo.

Un’ulteriore alternativa può essere cambiare la tipologia di cannabis assunta: per ridurre la fame chimica è consigliabile prediligere al THC, un’alta concentrazione di CBD o di THCV, principi attivi che comunque permettono di appagare ugualmente durante la fumata, senza provocare spiacevoli effetti deleteri sull’appetito. In questo caso si procede un po' per tentativi, sperimentando i vari tipi di infiorescenze fino a trovare quella più gradevole e in grado di soddisfare gli obiettivi previsti.

Se introdurre cibo dovesse rivelarsi un’irresistibile esigenza, meglio ridurne gli effetti cercando di placare la fame mediante spuntini leggeri o comunque cibi prevalentemente salutari costituiti da frutta e verdura. In questo modo non sarà necessario rinunciare al piacere del fumo ma al contempo non si subiranno gli effetti non proprio piacevoli di una probabile indigestione!

Cosa conviene mangiare con la fame chimica: spuntini sani e bando al junk food!

E’ chiaro che la fame chimica provochi un incontenibile desiderio di assumere cibo: la percezione di avere lo stomaco vuoto comporta pertanto la necessità di assumere alimenti principalmente calorici, molto nutrienti e il più delle volte fortemente zuccherini, il cosiddetto junk food o cibo spazzatura.

Numerosi studi condotti negli Stati Uniti, in particolare da Michele Baggio professore di economia dell’Università del Connecticut e Alberto Chong, dalla George State University di Atlanta, hanno analizzato gli effetti della legalizzazione della cannabis ricreazionale la correlazione all’aumento del consumo di cibo. Tale studio osservazionale ha riportato dati piuttosto allarmanti: un aumento del 3,1% nella vendita dei gelati, 4,1% in quella di biscotti, 5,3% in quella di patatine fritte con conseguente innalzamento del livello di obesità specie in fase adolescenziale.

Utilizzare quindi il junk food come palliativo contro la fame chimica, non rappresenta certo una buona idea, ne la soluzione più salutare per l’organismo. Da qui prende il sopravvento una domanda ricorrente: come resistere alla fame chimica? Ecco una serie di consigli su cosa mangiare quando si ha la fame chimica evitando di ingrassare inutilmente o di comportare strascichi negativi per la salute.

Prima ancora del cibo è importante bere una quantità d’acqua sufficiente e sostenuta: l’assunzione di THC e la conseguente fame chimica, provocano l’inibizione dei recettori della sete con una conseguente disidratazione che tende ad avvenire in maniera subdola e silenziosa. Sforzarsi di bere almeno ½ litro d’acqua dopo aver assunto cannabis è basilare per prevenire tale stato e in casi realmente gravi addirittura insufficienza renale.

E’ importante prediligere cibi sani al classico junk food: meglio assumere frutta in grado di ripristinare il naturale livello della glicemia, o in alternativa orientarsi sulla verdura, sgranocchiando ortaggi crudi in grado di svolgere una vera e propria azione saziante a carico dello stomaco.

Consigliata eventualmente anche la carne bovina, purchè di ottima qualità e priva di grasso, cucinata in maniera sana senza l’aggiunta di condimenti. In alternativa, se si ha la tendenza a prediligere cibi dolci, una tazza di cereali e latte scremato senza l’aggiunta di zuccheri o yougurt magro o alla frutta, compensano ogni genere di voglia senza nuocere al fisico.

E se la fame chimica subentra in presenza di pressione bassa? In questo caso i vecchi “rimedi della nonna” si rivelano i più indicati. Il THC tende ad abbassare la pressione e a determinare un senso di notevole rilassatezza: per arginare la pressione bassa è opportuno pertanto ricorrere al classico cucchiaino di zucchero sciolto in acqua o in alternativa a una piccola dose di miele o marmellata dolcificata con fruttosio.

La fame chimica fa ingrassare?

La fame chimica fa dimagrire o ingrassare? La risposta a tale domanda sembrerebbe piuttosto scontata poiché introdurre quantità smodate di cibo quando l’organismo di fatto non ne sente oggettivamente la necessità ma ne è naturalmente portato da una condizione alterata, comporta inevitabilmente un progressivo aumento del peso, spesso da non sottovalutare. Tuttavia una ricerca scientifica pubblicata dalla rivista statunitense The American Journal of Medicine rivela che in realtà la cannabis ridurrebbe sensibilmente il rischio di obesità rispetto ai soggetti non fumatori, migliorando la funzione insulinica e prevenendo inoltre il diabete.

Come calmare la fame chimica? Semplicemente con criterio, assumendo una quantità di cibo consona a soddisfare i reali bisogni dell’organismo e imparando a dominare gli impulsi che il cervello emette attraverso l’assunzione di cannabis. La fame chimica non è reale, non rappresenta un bisogno concreto: controllarla può salvare il fisico senza comprometterne in alcun modo la salute.

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Pubblicato Da: Veronica
Pubblicato Il: 12 ott, 2022

 SEO Copywriter e Social Media Strategist, credo da sempre nel potere delle parole e della scrittura persuasiva, entrambi strumenti imprescindibili per una strategia efficace e di valore.

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