L'arrivo del tabacco in Italia, pianta originaria delle Americhe, segna l'inizio di una storia complessa e affascinante, intrecciata con rituali, economia, salute e politica.
Questo articolo esplora il percorso del tabacco nel nostro paese, dalle sue origini come elemento rituale e medicinale fino al controverso monopolio statale e alla successiva privatizzazione, evidenziando le criticità e le contraddizioni di un sistema che, lungi dal proteggere i consumatori, ha spesso privilegiato gli interessi fiscali a discapito della libertà di mercato e di scelta.
Il Tabacco: Dalle Americhe alle Prime Coltivazioni Italiane
La Nicotiana tabacum, pianta dalle molteplici varietà, giunge in Europa nel XVI secolo, al seguito delle spedizioni nel Nuovo Mondo. In Italia, l'introduzione si attribuisce a figure come il cardinale Prospero Santacroce e il vescovo Nicolò Tornabuoni, che ne importarono i semi rispettivamente dal Portogallo e dalla Francia.
Inizialmente apprezzato per le sue presunte proprietà medicinali e benefiche, come pianta ornamentale, il tabacco si diffuse rapidamente, trovando terreno fertile negli orti dei monasteri e nelle prime coltivazioni sperimentali.
Repubblica di Cospaia, piccolo territorio indipendente al confine tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, divenne un esempio emblematico di coltivazione libera e fiorente commercio di tabacco, sfuggendo per secoli a qualsiasi forma di controllo o tassazione.
Già dalla fine del XVI secolo, l'uso del tabacco si evolve: alla pratica di fiutare la polvere si affianca il fumo, grazie alla diffusione della pipa.
Si inizia a distinguere tra Nicotiana rustica, più adatta al fiuto, e Nicotiana tabacum, ideale per il fumo. Questa crescente popolarità attrae l'attenzione dei governanti, che intravedono nel tabacco una nuova fonte di entrate fiscali, aprendo la strada al sistema della privativa.
Il Monopolio: Un'Imposizione Fiscale in Crescita
Il XVII e XVIII secolo vedono l'affermarsi del monopolio sul tabacco in molti Stati italiani. La privativa, affidata a imprenditori privati in cambio di un canone annuo, consente ai governi di controllare la produzione, la vendita e i prezzi, garantendo introiti significativi senza gravare eccessivamente sui beni di prima necessità.
Repubblica di Venezia, Ducato di Mantova, Regno di Napoli, Granducato di Toscana sono solo alcuni esempi di Stati che adottano questa politica fiscale, spesso accompagnata da divieti di importazione e severe pene per il contrabbando.
Lo Stato Pontificio, inizialmente ostile al consumo di tabacco per motivi di decoro e salute, cede alla tentazione delle entrate fiscali, istituendo la privativa nel 1655. Anche qui, l'alternanza tra periodi di liberalizzazione e controllo segna la storia del tabacco, evidenziando la difficoltà di conciliare gli interessi economici con le preoccupazioni etiche e sanitarie.
L'Unità d'Italia e la Scelta del Monopolio Statale
L'Unità d'Italia (1861) eredita un panorama frammentato e disomogeneo nella gestione del tabacco. Il nuovo Stato, gravato da debiti e impegnato nella costruzione di un sistema amministrativo unitario, sceglie la via del monopolio statale, estendendolo a tutto il Regno con la legge del 1862.
Questa decisione, dettata più da esigenze fiscali che da convinzione ideologica, segna l'inizio di un percorso controverso.
La gestione diretta dello Stato, inizialmente affidata alla Direzione Generale delle Gabelle, si rivela inefficiente e complessa. La Commissione Grattoni (1867) denuncia la sovrapproduzione, gli sprechi e la mancanza di una visione industriale, proponendo una gestione mista pubblico-privata come primo passo verso la privatizzazione.
La Regia Cointeressata: Un Esperimento Fallimentare
L'esperimento della Regia Cointeressata (1868), società privata incaricata della gestione del monopolio per quindici anni, si traduce in un clamoroso scandalo finanziario.
Le accuse di corruzione e speculazione travolgono il governo, evidenziando i rischi e le distorsioni di un sistema che privilegia gli interessi privati a discapito del bene pubblico.
Il Ritorno allo Stato e l'Affermazione dell'Industria del Tabacco
Nel 1884, lo Stato riprende il controllo diretto dell'industria del tabacco, istituendo la Direzione Generale delle Privative e investendo in tecnologie e macchinari.
Questo periodo segna una fase di crescita e modernizzazione, con l'Italia che si afferma come un player competitivo nel mercato europeo.
La nascita dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) nel 1927 rappresenta un ulteriore passo verso una gestione più autonoma e industriale.
L'AAMS, pur rimanendo un organo del Ministero delle Finanze, gode di una maggiore autonomia finanziaria e gestionale, investendo in ricerca, innovazione e ampliamento degli impianti.
Il Dopoguerra e le Prime Crepe nel Monopolio
Il secondo dopoguerra vede l'AAMS impegnata nella ricostruzione e nella modernizzazione degli impianti, grazie anche all'opera di figure come Pier Luigi Nervi.
Tuttavia, la crescente burocratizzazione, la rigidità della contabilità statale e l'ingerenza della politica nelle scelte manageriali iniziano a minare l'efficienza e la competitività dell'azienda.
L'adesione al Trattato di Roma (1957) e l'avvio del mercato comune europeo pongono nuove sfide al monopolio italiano.
Pur non essendo obbligata all'abolizione, l'Italia deve adeguarsi alle regole della concorrenza, aprendo progressivamente il mercato ai prodotti esteri.
La Liberalizzazione e la Privatizzazione: La Fine di un'Era
Gli anni '70 e '80 segnano la progressiva liberalizzazione del settore del tabacco, con l'abolizione dei monopoli su sale, cartine, tubetti e pietrine focaie.
L'AAMS, sempre più indebolita dalla concorrenza delle multinazionali e dalla mancanza di una strategia commerciale efficace, vede erodere le proprie quote di mercato.
La privatizzazione dell'Eti (Ente Tabacchi Italiani), erede del ramo d'azienda dell'AAMS, nel 2003, rappresenta la fine di un'era.
L'acquisizione da parte della British American Tobacco (BAT) si traduce nella chiusura degli stabilimenti produttivi italiani e nella delocalizzazione della produzione, segnando la definitiva sconfitta di un modello industriale che, pur con le sue contraddizioni, aveva rappresentato per decenni una realtà produttiva importante per il paese.
Conclusioni
La storia del tabacco in Italia è un esempio emblematico di come la politica fiscale e gli interessi privati possano condizionare lo sviluppo di un settore industriale.
La scelta del monopolio, lungi dal proteggere i consumatori o promuovere una produzione di qualità, ha spesso favorito le entrate fiscali a discapito della libertà di mercato e di scelta.
La successiva privatizzazione, gestita con superficialità e ritardo, ha portato alla scomparsa di un patrimonio industriale e culturale, lasciando sul campo solo l'amaro sapore di un'occasione persa.
Un approccio antiproibizionista, basato sulla libera concorrenza, sulla trasparenza e sulla tutela dei consumatori, avrebbe forse potuto garantire uno sviluppo più equilibrato e sostenibile del settore del tabacco in Italia.